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The Possession - Recensione

26/10/2012 | Recensioni |
The Possession - Recensione

Da una storia vera (?). Clyde, padre divorziato, porta con se le due figlie nella sua nuova casa. I guai cominciano quando viene acquistata una misteriosa scatola di legno ad un mercatino di quartiere. La figlia minore si mostra infatti ossessionata dall’oggetto, ed i suoi comportamenti vengono progressivamente alterati da una forza malefica. Un antichissimo demone la possiede. Esistono due forme di approccio verso un horror come questo. La prima consiste nel prenderlo sul serio, aspettandosi tremori e soprassalti, e allora si finirà per alzare gli occhi al cielo ogni cinque minuti maledicendo l’attimo in cui si è preso posto davanti allo schermo. La seconda chiede invece di fare appello al proprio sarcasmo ed alla propria curiosità. In questo caso “The Possession” ci apparirà, pur nella sua inguaribile stupidità ed insensatezza, come un “fallimento” i cui difetti ci procureranno parecchi motivi di spasso. L’unico pregio oggettivo del film sta appunto nel non annoiare e ciò è dovuto, bisogna riconoscerlo, anche al mestiere di Ole Bornedal. Il regista danese non è l’ultimo arrivato nel campo della suspense (suoi “Il guardiano notturno” ed il più noto remake americano dal titolo “Night watch”) e sa tenere costante il ritmo nell’arco dei 90 minuti. Niente sbadigli, dunque, in questa grottesca sagra della risata involontaria . Trionfano l’eccesso e il ridicolo, a partire dalla recitazione sopra le righe fino ai dialoghi (“Che cos’hai?” “Non mi sento me stessa”). Nelle sequenze più concitate può affiorare nel pubblico italiano il caro ricordo dell’”Esorciccio”, in altre ci sembrerà di veder spuntare Leslie Nielsen da dietro l’angolo. Fa molto pensare il modo in cui una pellicola concepita seriamente risulti, da un determinato punto di vista, ben più appagante di tante brutte parodie recenti (Un nome per tutti: l’abominevole “Horror Movie”). Se siete disposti a tale inversione di prospettiva potreste addirittura prendere in simpatia il lavoro di Bornedal, una buffa sciocchezza con la opinabile qualità del non passare inosservata. Stra-cult all’ennesima potenza.

 


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